FERDINANDO SCIANNA
"Fotografo è per me uno che usando lo strumento della fotografia guarda il mondo, lo incontra, e cerca di vederlo e raccontarlo. Nella mia vita ho incrociato uomini, storie, luoghi, animali, bellezze, dolori, che mi hanno suscitato, come persona e come fotografo, emozioni pensieri, reazioni formali che mi hanno imposto di fotografarli, di conservarne una traccia. Ho sempre pensato che io faccio fotografie perché il mondo è là, non che il mondo è là perché io ne faccia fotografie. Anche questi luoghi non mi sembra di averli cercati, li ho incontrati vivendo, e poi ho scelto fra le tante fotografie realizzate alcune nelle quali riconoscermi."
SICILIA
''Fotografare la Sicilia è per me quasi una ridondanza verbale. Ho cominciato a fotografare intorno ai diciassette anni e la Sicilia era là. Per capirla e attraverso le fotografie per cercare di capire, forse, che cosa significa essere siciliano. Interrogazione ossessiva questa dei siciliani su se stessi e la terra cui appartengono. Interrogazione che continua, forse ancora più ossessivamente, quando dalla Sicilia si va via. E andarsene via ed essere siciliani è stato per tanto tempo, ma lo è ancora, la stessa cosa. Quando si parte comincia il rovello della nostalgia, della trasfigurazione dei ricordi, dei ritorni tanto più sognati quanto più impossibili. Fino a trasformare tutto questo in rancore, quasi in un'altra fuga. Si cerca di dimenticarla la Sicilia, buttandosi ad interrogare ed esplorare il mondo per poi scoprire che lo sguardo che posiamo sul mondo è inequivocabilmente quello dei tuoi occhi di siciliano.''
OMBRA
''Mio nonno faceva il falegname. La materia prima del suo essere artigiano era il legno. Si può dire che la materia prima di un fotografo è la luce. La luce che colpisce le cose, gli uomini nel mondo e permette al fotografo di vederlo, di leggerlo. Il fotografo legge il mondo, lo interpreta, non lo scrive.
Ma la maniera in cui il fotografo legge il mondo attraverso la luce è determinata dalla realtà in cui si è formata la sua coscienza visiva ed esistenziale. C'entra molto il luogo in cui è nato e cresciuto e anche il paesaggio estetico e psicologico che la luce determina. I fotografi del nord che fotografano il sud del mondo, producono immagini molto luminose, abbaglianti, apollinee. E' questo che loro cercano e vedono in questi luoghi. Le immagini che negli stessi luoghi vedono i fotografi che vi sono nati sono spesso molto scure, piene di ombre, drammatiche. Non è soltanto una questione atmosferica. Gesualdo Bufalino ha intitolato un suo libro di cose siciliane ''La luce e il lutto''. Siamo già dentro un territorio psicologico ed emozionale. Le mie immagini, e non soltanto quelle siciliane, sono spesso molto nere. Io vedo e compongo a partire dall'ombra. Il sole mi interessa perché fa ombra. Immagini drammatiche di un mondo drammatico.''
DOLORE
''Si può non essere interessati e preda di compassione di fronte all'oceano di dolore nel quale affoga il tempo che viviamo e nel quale da sempre affoga la coscienza degli uomini che in mezzo al dolore hanno vissuto e vivono? Non ci può essere compassione per il dolore e l'ingiustizia senza un sentimento intenso della felicità. La compassione è un sentimento, per chi lo prova, per il quale, se c'è dolore, non solo il tuo, ma quello di ogni uomo e donna e bambino, non puoi essere felice. Ma anche nel più cupo del dolore si scopre l'ansia di cercare la felicità.''
SPECCHI
''Narciso si innamorò di se stesso in uno specchio d'acqua e morì cercando di prendere quello che credeva essere un altro ed era invece l'immagine di se stesso. Nel mito antico sono racchiuse tutte le ragioni della fascinazione e dell'orrore che da sempre gli specchi hanno suscitato negli uomini. In quel mito possiamo trovare anche tutte le metafore che contiene la fotografia, l'invenzione fatale del nostro tempo, secondo Savinio. Fatale e ambigua.Una delle prime definizioni di fotografia fu: specchio con memoria. Idea che sembra concretizzare gli affascinanti incubi raccontati da Jorge Luis Borges in tanti poemi sul tema dello specchio. Che cosa è questo mistero che infaticabilmente e infallibilmente, ad ogni appuntamento, anche fortuito, anche involontario, anche a nostra insaputa, si ostina a duplicarci e a duplicare il mondo che ci circonda? Che continuerà, anche dopo la nostra morte, a riflettere e un altro e un altro e un altro...
E se cominciassero, gli specchi, ad avere una vita propria, indipendente? Se le immagini riflesse si mettessero ad avere una vita temporalmente indipendente dai nostri fuggevoli incontri? Se gli specchi avessero memoria? Se questo fossero le fotografie? Immagini fuggite dagli specchi per vivere una vita propria?
Nessun'altra tecnica, nessun'altro linguaggio c'era riuscito nello stesso indiscutibile modo prima della fotografia. E' il tentativo, la fotografia, innumerevoli volte ripetuto, di dare una risposta immediata alla domanda fondamentale della cultura occidentale sull'esistenza del mondo e di noi stessi. Tuttavia, questa risposta non basta. Davanti ad una fotografia ricominciamo ogni volta a porre l'eterna domanda che poniamo al mondo. La stessa domanda che poniamo agli specchi. La bellezza si interroga sulla bellezza, la vecchiaia sulla vecchiaia, la vita sulla vita.''