Misteri, storie e leggende di Sicilia: la Lettera del Diavolo
- Dinastia dei Gessi
- 25 apr 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 26 apr 2020
Sapevate che nella bella Cattedrale di Palermo è conservato un manoscritto che ha preso il nome di ''lettera del diavolo''? Se siete originari di Agrigento e provincia forse avete già sentito parlare di questa storia. In caso contrario, ecco a voi la vicenda circa la cosiddetta lettera del diavolo. Citata anche da Tomasi di Lampedusa nel suo romanzo ''Il Gattopardo'', la lettera è stata stilata con una scrittura sconosciuta e indecifrabile anche se presenta alcuni caratteri riconducibili al greco e all'arabo. Ma qual è la sua origine? E quale il suo significato?

Per anni queste domande hanno trovato risposta in una leggenda.
Si narra che un uomo di aspetto nobile e dal portamento elegante, in un tempo molto lontano, portò il suo sorriso diabolico nei pressi di Agrigento. Egli era il diavolo. Infatti nel suo vero aspetto aveva una lunga coda spinata, un paio di corna durissime e gli occhi rosso sangue; ma quando si allontanava da casa sua, ossia l'Inferno, si divertiva ad assumere un aspetto completamente diverso, ecco perché adesso appariva signorile e rispettabile. Un giorno il diavolo si innamorò di una bella, dolce e fresca fanciulla che portava il nome di Lucia. Le faceva una corte spietata, insistente e irrefrenabile e, con l'intento di conquistarla, scrisse addirittura una lettera che si chiudeva presso a poco con queste parole: '' La mia fortuna che non ha confini e supera quella di un re, il mio casato che risale ai più antichi tempi dell'umanità, il mio cuore che vive di voi, con voi e per voi, tutto io pongo ai vostri piedi. Io sono vostro schiavo e voi siete la mia regina, fatta per comandarvi e io fatto per obbedirvi. Confondiamo, dunque, e leghiamo in una sola cosa le nostre anime e la felicità sarà nostra''. Ricevuta questa lettera, la fanciulla fu colpita da una tempesta interiore e non ebbe più pace. Sentiva di amarlo e voleva cedergli, ma una voce profonda e misteriosa le diceva ''Non credergli! Fuggi da lui!''. Una notte le venne in sogno la Madonna che le disse ''Lucia, so quanto soffri e per chi; consegna la lettera al tuo confessore e fatti tre volte il segno della Croce. Quella lettera sia conservata affinché attesti che il nemico è stato vinto e debellato''. Così fece la fanciulla: lei fu salva e il diavolo tornò nel suo buio regno.
La lettera è ancora oggi conservata nel monastero femminile benedettino del SS. Rosario a Palma di Montechiaro (Agrigento) e una sua copia si trova nella Cattedrale di Palermo. Il documento faceva parte di un manoscritto che una monaca (a quanto pare la vera protagonista della vicenda) aveva stilato per il suo padre confessore. Il nome della monaca era Maria Crocifissa della Concezione e, prima del voto, Isabella Tomasi (1645-1699). L'antica parente di Giuseppe Tomasi di Lampedusa fu dunque dichiarata venerabile da papa Pio VI ed è sepolta nel monastero.
Oggigiorno gli studiosi tendono ad affermare che la lettera sia stata frutto della fantasia della monaca, forse non così convinta di ciò che la vita di clausura imponeva. Si sarebbe limitata a mescolare a caso termini e rappresentazioni a lei note; la versione canonica, al contrario, la reputa frutto della lotta della religiosa contro il maligno.
Bradamante (Stefania Sala)
[Fonti: ''Leggende di Sicilia'', Giuseppe Foti; Testimonianze popolari]
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