Pagine di elfico: Quenya pt.II
- Dinastia dei Gessi
- 11 mag 2020
- Tempo di lettura: 10 min
Aggiornamento: 16 mag 2020
Ben tornati al terzo appuntamento con Tolkien e la lingua elfica. Avete già letto i primi due articoli Tolkien e il mondo degli elfi e Pagine di Elfico-Pt.I ? Sono fondamentali per capire cosa andremo ad analizzare oggi!
Inizieremo, infatti, parlando di linguistica e di alcune nozioni basilari per comprendere una lingua.
La linguistica è lo studio scientifico delle lingue e mira a specificare la natura del linguaggio, ad identificare le regole che i parlanti utilizzano nel formulare e ricevere un messaggio e a descrivere e spiegare i cambiamenti che avvengono nel tempo all'interno della struttura di una lingua. Essa è composta da diversi settori che insieme la compongono nella sua totalità: fonetica, fonologia, morfologia, sintassi, semantica e pragmatica. In particolare ci soffermeremo sulle prime tre nella lingua Quenya di Tolkien.

La fonologia è quella branchia della linguistica che studia la funzione astratta dei suoni e stabilisce quali sono i fonemi in una data lingua, ovvero quali suoni possono fare la differenza di significato tra diverse parole. L'unità minima della fonologia è quindi il fonema, ovvero un segmento fonico che possiede una funzione distintiva e che è definito soltanto da caratteri con valore distintivo, detti caratteri pertinenti; inoltre è un'unità astratta che si realizza in foni. Il fono, quindi, è un vero e proprio suono, generato mediante l'apparato fonatorio.
La fonologia del Quenya è basata su quella latina, italiana, spagnola, greca e finlandese. Ogni fonema consonantico è rappresentato graficamente da una Tengwar (una lettera elfica). Proprio come l'italiano, il Quenya possiede cinque vocali: a,e,i,o,u. Tolkien ha basato la loro pronuncia interamente su quella spagnola. Per chiarire la pronuncia, altrimenti difficile ai locutori inglesi, Tolkien spesso aggiunge una dieresi su alcune vocali (ë ed ä) a fine parola o all'interno di dittonghi. Il Quenya possiede vari dittonghi: ai, au, oi, ui, eu, ei ed iu.
Per quanto riguarda le consonanti, ne vengono identificate 13 o 14, più la b e la d che troviamo solo in correlazione rispettivamente con m ed l e con n,r e l. Le consonanti sono quindi più vicine al sistema linguistico anglosassone e la c e la g sono solo "dure" (ovvero si leggono k e gh). Tolkien predilige soprattutto dei nessi consonantici, come nd, rd, ld, mb, ng, qu, x, ht, hw, hl, hr, hy, ry, ny, ly e ty, mentre altri sono possibili ma non utilizzati frequentemente, come hty, lc, lm, lp, lqu, lt, lv, lw, mn, mp, my, nc, ngw, nqu, nt, nty, nw, ps, pt, rc, rm, rn, rqu, rt, rty, rs, rw, sc, squ, st, sty, sw, ts, tw e inoltre, a differenza dei primi, si separano nella divisione in sillabe. Mentre, sono possibili solo alcune consonanti doppie: cc, ll, mm, nn, pp, rr, ss, tt. Possono stare ad inizio parola solo p, t, k, f, s, h, ç, ʍ, m, n, v, l, r, y hl, hr, mentre a fine parola invece si possono trovare solo le consonanti t, r, l, n ed s.
Tolkien basa la morfologia del Quenya su quella finnica, traendo spunto soprattutto dalla sua struttura agglutinante. La morfologia è quella parte della linguistica che si occupa di "modificare" gli elementi che compongono una frase. Queste modificazioni possono dar luce a nuove parole ( ad esempio le parole composte es: fare> contraffare) oppure possono solamente trasformare una parola già esistente (es. fare>faccio). La morfologia è anche un mezzo attraverso cui si garantisce la coesione nell'enunciato (poiché in una frase noi accordiamo il numero e il genere di tutte le parole presenti).
In Quenya l'articolo determinativo è rappresentato dalla particella i, ed è indeclinabile. Se l'articolo precede un nome iniziante per i viene aggiunta una n all'articolo per questioni di eufonia. Mentre, se l'articolo precede un nome al duale assume il significato di "entrambi". Un nome non accompagnato dall'articolo può assumere valore indeterminato. [es. i taurer >"le foreste"; in indis >"la moglie"; i ciryat >"entrambe le navi"; parma >"un libro"].
In Quenya i sostantivi si declinano in dieci casi e in quattro numeri.
Parlando dei casi troviamo:
Il nominativo: è usato per esprimere il soggetto e il predicativo del soggetto, e successivamente anche il complemento oggetto. Il nominativo singolare è la forma elementare, non inflessa del sostantivo e non ha speciali desinenze [es. uta i lómë! >"La notte sta per finire!"].
Il genitivo: esprime principalmente il complemento di specificazione. Le desinenze sono -o per il singolare [es. Vardo tellumar >"le Varda-volte" o "(le) volte di Varda". Osservare che la desinenza -o rimpiazza la finale -a, perciò Vardo, non Vardao - ma la maggior parte delle altre vocali non sono rimpiazzate]. Se il sostantivo termina già in -o, la desinenza diviene "invisibile"; normalmente il contesto indicherà che il sostantivo è un genitivo e non un nominativo. [es. Indis i Ciryamo >"la moglie del marinaio"; cfr. ciryamo >"marinaio"]. Mentre si usa -ron per il plurale dei sostantivi terminanti per vocale e -ion per il plurale dei sostantivi terminanti per consonante [es. Quenta Silmarillion >"Il Racconto dei/a proposito dei Silmarilli"].
L'accusativo: è usato per esprimere il complemento oggetto e il predicativo dell'oggetto, si forma allungando la vocale finale del sostantivo [es. cirya >"nave" (nominativo), ciryá >"nave" (accusativo)], mentre per formare il plurale si aggiunge sempre -i [ciryai >"navi"].
Il possessivo: corrisponde principalmente al complemento di specificazione ed esprime soprattutto il possesso attuale, potrebbe essere paragonato al genitivo sassone inglese. Al singolare si forma aggiungendo -va se il nome termina per vocale, e -wa se termina per consonante [esempio: coa i nerwa >"la casa dell'uomo"]. Al plurale la terminazione è -iva.
Il dativo: è usato per esprimere il complemento di termine e di vantaggio e svantaggio. Al singolare si forma aggiungendo -n davanti alle vocali, e -en davanti alle consonanti. Tale desinenza generalmente si traduce come la preposizione "per" o "a"; il pronome dativo nin "per me" (da ni "io") [es. Sí man i yulma nin enquantuva? > "Chi riempirà ora per me la coppa?" Spesso il dativo corrisponde ad un oggetto indiretto in inglese: *I nís antanë i hínan anna >"the woman gave the child a gift [lett. 'la donna diede il bambino un dono']" (diede un dono al bambino)]. Al plurale la desinenza è invece -in.
Il locativo: corrisponde al complemento di stato in luogo. Al singolare si forma aggiungendo -ssë (-essë se il nome termina per consonante) che reca il significato "su" o "in" [es. troviamo un poema con l'intestazione Altariello Nainië Lóriendessë >"Lamento di Galadriel in Lóriendë (Lórien)"]. Al plurale la desinenza è -ssen.
L'ablativo: si usa per esprimere il complemento di moto da luogo, si forma aggiungendo -llo al singolare (-ello se il nome termina per consonante) e reca il significato "da" o "fuori di" [es. sindanóriello >"fuori dalla grigia campagna" (sinda-nórie-llo >"grigia-campagna-da"]. Mentre al plurale abbiamo -llon o -llor.
L'allativo: esprime il complemento di moto a luogo. Al singolare si forma aggiungendo -nna, indicante "a", "entro" [es. Et Eärello Endorenna utúlien. >"Giungo dal (lett. fuori dal) Grande Mare nella Terra di Mezzo") oppure "sopra" [es. i falmalinnar "sulle onde spumeggianti"]. Al plurale si aggiunge -nnar.
Lo strumentale: è usato per esprimere il complemento di modo, il complemento di mezzo, il complemento di strumento, il complemento di agente e il complemento di causa efficiente. Al singolare si forma aggiungendo -nen [es. laurië lantar lassi súrinen >"come oro cadono [le] foglie al [o nel] vento" oppure i eleni [tintilar] airetári-lírinen >"le stelle tremolano alla voce del suo canto, voce sacra di regina", letteralmente *"le stelle tremolano al suo canto sacro e regale". Un esempio,invece di uno strumentale più tipicamente "strumentale" è fornito dalla frase i carir quettar ómainen >"coloro che formano parole con voci" (ómainen essendo il plurale strumentale di óma "voce")]. Al plurale -inen.
Il dedativo (per alcuni rispettativo): è caso inventato da Tolkien e si forma aggiungendo -s al singolare e -is al plurale, si pensa che venisse utilizzato dall'autore come una sorta di locativo.
Mentre i numeri sono:
Il singolare.
Il plurale si forma generalmente in due modi: nei nomi terminanti in vocale aggiungendo una r [es. alda "albero" → aldar "alberi"], nei nomi terminanti in consonante una i [es. elen "stella" → eleni "stelle"].
Il duale si forma generalmente aggiungendo -u nei sostantivi terminanti in dentale indicanti parti del corpo, o in -i o -e (-ë) [es. sarat "segno" → saratu "due segni"] altrimenti aggiungendo -t/-et.
Il partitivo plurale si forma generalmente aggiungendo -li [es. lassë "foglia" → lasseli "delle foglie, alcune foglie, un po' di foglie"].
Gli avverbi si formano generalmente aggiungendo -vë all'aggettivo corrispondente, gli aggettivi terminanti in -ë elidono quest'ultima e aggiungono -ivë, quelli terminanti in -n, cambiano la -n in m e aggiungono -bë.
Gli aggettivi in Quenya terminano per la maggior parte in -a o in -ë. Si concordano con il sostantivo a cui si riferiscono. Al plurale gli aggettivi terminanti in -a terminano in -ë e gli aggettivi terminanti in -ë terminano in -i.
I pronomi personali sono stati ritrovati sia in forma enclitica (ovvero in italiano: ce, ne, me, ecc) sia no. Tuttavia come già sottolineato la forma enclitica era la forma che Tolkien più prediligeva nonostante esistesse solamente per il soggetto e l'oggetto che "attaccava" al verbo. Tolkien distingue una forma breve, una forma media e una forma estesa.

Anche i pronomi possessivi sono espressi in forma enclitica:

[es. parma "libro", *parmanya "mio libro", *parmacca "tuolibro",*parmalya "tuo (formale) libro", *parmarya "suo libro",*parmamma "nostro (duale) libro", *parmalva "nostro (includendo tuo) libro", *parmalma "nostro (escludendo tuo) libro", *parmanta "loro libro" (l'ultimo dei quali non deve essere confuso col duale allativo "ad una coppia di libri")
I verbi in Quenya si distinguono in due classi: i verbi radicali, terminanti in consonante, e i verbi derivati, terminanti in -a o -u. Il Quenya distingueva vari tempi (presente, aoristo, passato, perfetto e futuro) e vari modi (indicativo, infinito, participio, imperativo e gerundio).
Il presente indica un'azione continuativa e si forma generalmente con -a al silngolare e -ar al plurale, allungando la vocale centrale della radice [es. il verbo sil- "splendere" ha la forma presente síla "splende"; il verbo mat- "mangiare" ha la forma presente máta "mangia", plurali sílar "splendono", mátar "mangiano"].
L'aoristo indica un'azione abituale nel presente (a differenza del suo corrispettivo greco) e si forma con -ë al singolare e ir al plurale. In Quenya, la finale corta -i nei primissimi stadi dell'Elfico era mutata in -ë, così ora l'aoristo di un verbo come car- >"creare, fare" appariva invece come carë (tale forma può essere tradotta "fa" oppure "crea"). Tuttavia, considerato che la vocale era mutata soltanto quando si trovava alla fine di un vocabolo, si vede tuttora -i- ogni volta che è annessa un'ulteriore desinenza. Al plurale troveremo invece carir "creano".
Il passato indica un'azione svolta nel passato e può essere tradotto con il passato remoto, il passato prossimo o l'imperfetto. Si forma aggiungendo -në al singolare e -ner al plurale alla radice verbale [es. orta- "salire/sorgere" diventa ortanë oppure ora- "incitare" diventa oranë].
Il perfetto indica un'azione svolta nel passato e può essere tradotto con il passato prossimo, con il trapassato prossimo o con il trapassato remoto. Si forma con -ië al singolare e -ier al plurale , più l'aumento davanti alla parola (la vocale dell'aumento è uguale alla vocale centrale della parola) e l'allungamento della vocale centrale [es. tul- "giungere" si ha il perfetto utúlië "è giunto"; mat- "mangiare" > amátië "ha mangiato"; tec- "scrivere" > etécië "ha scritto"].
Il futuro indica un'azione futura. Si forma elidendo la vocale finale della radice e aggiungendo il suffisso -uva al silgolare e -uvar al plurale [es. mar- "dimorare, abitare" diventa maruva "abiterò". La vocale finale delle radici in A- sembra decadere prima della desinenza -uva].
L'infinito di un verbo mostra la desinenza -ë [es. polin quetë "posso parlare"]. Verbi con radici in a- apparentemente non mostrano desinenze speciali all'infinito; la radice e l'infinito sono semplicemente identici [es. il verbo lelya- "andare" avrebbe l'infinito lelya "andare"). Quindi, l'infinito è identico nella forma ad un aoristo (privo di desinenza). Il Quenya ha anche un infinito esteso che aggiunge la desinenza -ta; quando annessa all'infinito di un verbo di base, la sua desinenza -ë appare invece come -i-, mentre il più semplice infinito del verbo car- "fare, creare" è carë, il suo infinito esteso è perciò carita.
Il participio presente (o attivo) descrive la condizione in cui si è quando si fa qualcosa [se tu vai, tu stai andando; se tu pensi, tu stai pensando (le corrette declinazioni sarebbero "andante" e "pensante")] In inglese, il participio presente è derivato dalle corrispondenti radici verbali con aggiunta della desinenza -ing. La corrispondente desinenza Quenya è -la [es. il participio falastala "spumeggiante" è derivato da una radice verbale falasta- "spumeggiare". Se la radice vocalica non è seguita da un gruppo di consonanti (o un'altra vocale), essa è allungata: il participio di hlapu "volare" è hlápula. Radici verbali elementari come sil- possono essere volte in "radici continuative" (con vocale lunga e finale a: síla-) prima che la desinenza del participio sia aggiunta, così "splendente" può essere sílala.] Ma la vocale connettiva può anche essere i, senza allungamento della radice vocalica [es. itila "brillante, sfavillante"].
Il participio passato ha valore di aggettivo, dando ai verbi transitivi valore di participio passivo. Si forma aggiungendo -ina, -na (nei verbi radicali in r, m ed n) e -da nei verbi radicali in -l. Insieme al verbo essere crea la forma passiva.
Il gerundio in Quenya ha il valore che in italiano ha l'infinito sostantivato. Si forma aggiungendo al verbo -ië. Il gerundio può declinarsi in genitivo, dativo e strumentale.
L'imperativo si formava anticamente aggiungendo la desinenza -a, tuttavia in seguito si affermò la forma introdotta dalla particella á [es. carë "fare" può formarsi la frase imperativa á carë "fa'!" oppure "crea!". Un imperativo negativo può esser introdotto da áva "non!"[es. áva carë "non far(lo)!].
La forma negativa di un verbo si forma in vari modi: con il verbo um- "non essere" (che è anche la negazione del verbo essere) quando la frase non contiene il complemento oggetto. Altrimenti si utilizza la particella lá.
Il verbo essere si esprime in due modi: con ná (per connettere due nomi o per formare il predicato nominale) o con ëa (esistere, trovarsi, stare, sentirsi). Entrambi i verbi sono irregolari.
Coniugazione di ná:
Presente/aoristo: ná (singolare), plurale nar. La vocale si abbrevia nelle forme con pronomi enclitici, oltre che nel plurale.
Passato: né (singolare), plurale ner. La vocale si abbrevia nelle forme con pronomi enclitici, oltre che al plurale.
Futuro: nauva (singolare), plurale nauvar.
L'imperativo è ána.
Coniugazione di ëa:
Presente/Aoristo: ëa (singolare), plurale ëar.
Passato: engë (singolare), plurale enger.
Futuro: ëuva (singolare), plurale ëuvar.
L'imperativo è ëa.
Infine, parliamo di sintassi. La sintassi è una parte della linguistica che analizza gli svariati modi in cui le singole parole si legano a formare intere frasi le quali, a loro volta, unendosi, formano i periodi. La sintassi del Quenya non è ancora molto chiara quindi ci limiteremo a riportare alcune informazioni.
La forma passiva in Quenya è espressa dal verbo ná ,"essere", più il participio passato del verbo principale. Il complemento d'agente o causa efficiente è invece espresso dallo strumentale.
L'ottativo si utilizza per esprimere una desiderio realizzabile, una speranza o un augurio. Si forma con la particella nai e il verbo al futuro.
Il periodo ipotetico in Quenya può essere espresso da varie particelle: írë "quando" usato per un evento è sicuro, mai o ai quando è possibile ma non certo e nai o cé per esprimere dubbio o probabilità.
La proposizione temporale si distingue in anteriore, posteriore e contemporanea: quando è anteriore si ricorre al perfetto preceduto da nó "dopo" e il verbo della principale al presente o al passato. Può anche essere espressa dal participio passato; quando è posteriore si esprime con epë "prima" ed il verbo nello stesso tempo del verbo principale; quando è contemporanea si ricorre al participio presente o al verbo preceduto da írë "quando".
La proposizione dichiarativa si esprime in Quenya con sa "che" utilizzabile anche nel discorso indiretto.
La proposizione relativa può essere espressa o con la particella ya "che, quale ecc." o con l'articolo semplice (es. I Eru i "il Signore Che").
Bene amici, per oggi è tutto! Ci vediamo il prossimo lunedì con il quarto appuntamento sulla nostra amata lingua elfica! Rimanete aggiornati sulla nostra pagina Instagram.
Tenna' ento lye omenta,
la vostra Salamandra.
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